Se un giorno vi capiterà di attraversare le sterminate distese della steppa kazaka, potreste imbattervi in un luogo intriso di storia e fascino.
Questo paesaggio sconfinato sembra dissolversi tra i confini di tempo e spazio, e proprio lì, quasi emergendo dal nulla, sorge il complesso del Memoriale di Korkyt Ata, sospeso tra leggenda e realtà.

@Photo credits: qazaqstan3d.kz.
Ma chi era Korkyt Ata?
E qui, la storia comincia ad intrecciarsi.
Un uomo che segnò non solo il popolo kazako, ma anche altre terre vicine, infatti ci sono molte leggende su di lui che trovano radici tra i popoli turchi di Kipchak (kazaki, karakalpaki) e in particolare il ramo degli Oguz del Sud: turkmeni, azeri e turchi.
Visse tra il VIII e il IX secolo ed è ricordato come uno dei più grandi pensatori, filosofi e compositori.
Fu un visionario, capace di tradurre in musica la ricerca di un significato più profondo dell’esistenza.
Non a caso gli si attribuisce l’invenzione del Kobyz, lo strumento musicale nazionale.

@Painting credits: Alibek Koilakayev - Korkyt Ata
La sua esistenza ha dato vita ad una leggenda e questa narra: un giorno Korkyt, rendendosi conto della caducità della vita umana e del fatto che né la ricchezza né la nobiltà la possano preservare in alcun modo, decide di lasciare il suo paese per andare alla ricerca dell'immortalità.
L’idea che tutto un giorno possa finire lo tormentava senza lasciargli tregua, ma più lui continuava nella sua ricerca senza fine, più le persone intorno a lui, inevitabilmente, lo lasciavano. Ovunque andasse la Morte lo perseguitava. Nella foresta, un albero marcio e decadente esalava un ultimo respiro, nella steppa l’erba fremeva mentre bruciava sotto il sole. Perfino le montagne gli parlavano della fine che le attende, la stessa che attendeva anche lui.
Un giorno, gli apparve in sogno uno spirito, che gli mostrò come ricavare uno strumento dal legno di un albero e dalle pelli del cammello e delle corde, formate da crini di cavallo.

@Credits: pnggnn
Al suo risveglio cercò di riprodurre al meglio quello strumento e il risultato fu qualcosa a metà tra un violino e un violoncello. Poteva davvero essere quella la risposta ai suoi tormenti?
Allora Korkyt riversò tutti i suoi pensieri e sentimenti in quelle antiche musiche che riverberavano dalle corde, mise tutta la sua anima in quelle melodie, creando canzoni che si mescolavano al vento e viaggiavano lontano.
E così anche la Morte, vecchia amica, si fermò ad ascoltare quella musica, ma non osò mai avvicinarvisi.
Fu proprio così che Korkyt, impugnando il suo strumento, scoprì la verità e fuggì alla Morte trovando la via per l'immortalità proprio in quell'arte musicale che creò.
Il kobyz ha segnato così profondamente la cultura kazaka che ne è diventato il protagonista proprio nel monumento in memoria di Korkyt Ata che si innalza nella steppa. Si distingue infatti, proprio per le sue quattro enormi strutture a forma di kobyz rovesciati, alte otto metri e orientate verso i quattro punti cardinali.
Sopra di esse, un organo metallico con quaranta canne cattura il vento e lo trasforma in un suono vibrante, evocando il timbro profondo e mistico di questo strumento che con le sue sonorità uniche imita i suoni della natura ed evoca emozioni ancestrali profonde.

@Photo credits: ravel2unlimited
Questa melodia naturale e continua sembra dare voce all’anima della steppa, raccontando storie dimenticate di nomadi e sciamani e forse, chi lo sa, il vento continua a cantare proprio quelle di Korkyt Ata.
Esplorare il suo Memoriale significa intraprendere un viaggio nel cuore della cultura kazaka, dove il mito e la storia si intrecciano in un’unica armonia senza tempo.
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